Anche il “non decidere”, evidentemente, è una decisione. Che, però, ha un obiettivo diverso ad una decisione “vera”: guadagnare tempo, allungando il periodo di “limbo”.
Così si può sintetizzare la giornata di ieri, che ha visto, nuovamente, protagonista il MES.
Alla discussione programmata sulla sua convalida alla Commissione Esteri, infatti, la maggioranza di Governo ha deciso di non votare, permettendo, in questo modo, l’approvazione del testo del disegno di legge avanzato dall’opposizione (in questo caso dal PD). Ora si prevede il passaggio alla Commissione Bilancio, per poi tornare alla Commissione Esteri per il voto finale, per poi arrivare al voto in Parlamento, quello sì definitivo (data prevista 30 giugno). Ma quanto sta succedendo fa parte di una strategia precisa: quella appunto, di prendere tempo, presentando, da parte della maggioranza (di solito avviene il contrario…), una serie di emendamenti che portino a cambiare il testo, facendo slittare il voto all’autunno. La realtà è che oggi, come ha ammesso lo stesso Ministro delle Finanze Giorgetti, non c’è una maggioranza in grado di ratificare le modifiche al MES e, nel caso la votazione non andasse a buon fine (per il Governo), al di là delle prevedibili conseguenze sulla vita stessa dell’esecutivo, dovrebbero passare almeno 6 mesi per poter procedere ad una nuova votazione.
Una “non decisione”, comunque, destinata a lasciare il segno.
Se da una parte, seppur l’inquietudine, all’interno della maggioranza di Governo, cresca di giorno in giorno, al momento non ci sono conseguenze politiche (da un punto di vista dei mercati, invece, qualche scricchiolio inizia ad intravedersi, con lo spread tornato, questa mattina, sopra i 160 bp), dall’altra, al di là delle parole per ora rassicuranti di molti suoi esponenti, cresce lo scetticismo dell’Europa e di alcuni Stati membri in particolare.
Il fatto che siamo l’unico Paese (per di più membro fondatore) che non ha ancora ratificato il Fondo salva Stati, non può passare inosservato e inizia a creare più di un disagio ai nostri interlocutori.
Anche perché si aggiunge ad altri fattori non particolarmente positivi: basti pensare alle difficoltà che stiamo incontrando sul PNRR, che stanno mettendo a rischio i soldi (tanti) previsti dalla 3° e 4° rata (€ 35 MD), o al negoziato, sempre con la UE, sul patto di Stabilità.
Il tutto in un contesto macro-economico, sia a livello domestico che internazionale, non dei migliori.
Vero è che, in questa prima fase dell’anno, il nostro PIL è andato oltre le stime stilate da tutte le Istituzioni (Bankitalia, FMI, etc), ma è anche vero che dobbiamo fare i conti con un debito pubblico in continua crescita, che ci costa sempre di più (perché cresce in termini assoluti e, ancor di più, per l’aumento dei tassi). Dove, quindi, diventa fondamentale che lo spread rimanga stabile e non subisca “strappi” verso l’alto. Ben sappiamo quanto sia stretto il suo andamento rispetto alla stabilità politica e come ogni “convulsione”, soprattutto laddove il futuro si presentasse piuttosto instabile, possa avere conseguenze molto pesanti.
Che il contesto internazionale continui ad essere non semplice ne abbiamo avuto conferma dalla giornata di ieri.
Ben 3 Banche Centrali (Bank of England, Banca Centrale della Svizzera, Banca della Norvegia, mentre merita un discorso a parte la Turchia, che ha portato il costo del denaro dall’8,5% al 15%) hanno alzato i tassi, strette dalla morsa dell’inflazione: + 0,5% la banca inglese, 0,25% la Svizzera, + 0,5% la Norvegia.
Preoccupante quanto sta succedendo in Gran Bretagna, con i prezzi di nuovo in aumento (confermato il + 7,1% dell’inflazione core, dal 6,8% di aprile, a sua volta superiore al 6,2% di marzo), che ha costretto la BoE ad alzare l’asticella dei tassi al 5% (con la previsione di arrivare al 6% entro l’anno), con il rischio recessione sempre più concreto, facendo diventare realtà le peggiori previsioni dopo la Brexit.
L’aumento della Banca Centrale turca è l’ennesimo tentativo di mettere un freno ad un’inflazione disastrosa, attualmente al 40% annuo (comunque in miglioramento verso l’80% di qualche mese fa). Gli analisti si attendevano un rialzo al 20%, motivo per cui ieri si è assistito ad un nuovo crollo della lira turca (– 4,5%).
La giornata di ieri ha visto i mercati europei ripiegare per le preoccupazioni legate agli inasprimenti monetari decisi ieri. Diverso, invece, l’umore di Wall Street, dove il Nasdaq ha “tirato la volata”, chiudendo a + 1,18% (stabile il Dow Jones).
Di “cattivo umore” i mercati asiatici, tutti con perdite superiori all’1%: a Tokyo il Nikkei perde circa l’1,50% (– 3% la caduta settimanale, che interrompe la “striscia” positiva), Shanghai – 1,31%, Hong Kong – 1,78%.
In calo anche, a Seul, il Kospi e, in apertura di contrattazioni, la borsa indiana.
Futures al momento anche oggi negativi ovunque (perdite nell’ordine dello 0,5%).
Brusca inversione di rotta del petrolio, con il WTI a $ 68,68, in calo anche questa mattina (– 1,29%).
Gas naturale americano a $ 2.6 (- 0,50%).
Oro in leggerissima ripresa, a $ 1.925, dopo che ieri aveva toccato i $ 1.913.
Spread a 162 bp, che “paga” i problemi sul MES, con il BTP al 4.12% dal 4,04% di ieri.
Bund al 2.48%.
Treasury Usa poco mosso (3,77%).
Leggerissimo recupero del $, che si riporta sotto l’1,10 vso € (1,0928).
Si conferma sopra i $ 30.000 il bitcoin (30.310), ai massimi dal mese di aprile.
Ps: tutti sappiamo delle gravi difficoltà in cui si trova la scuola italiana. Oltre ad un livello di apprendimento tra i peggiori rispetto agli standard europei, a rendere la situazione ancora più difficile i ripetuti atti di bullismo nei confronti del personale docente. Stupisce non poco, quindi, la decisione di promuovere, con il 9 in condotta, lo studente che ad inizio anno scolastico (ottobre 2022) ha colpito, con una pistola ad aria compressa, più volte un’insegnante, mentre un altro studente riprendeva la scena, per poi diffondere il video, mentre il resto della classe assisteva senza intervenire. Una forma di legittimazione di comportamenti che vanno ben oltre la legalità. Per non parlare di come possono sentirsi tutti quelli studenti che, invece, la promozione se la sudano con lo studio, l’impegno e il rispetto delle regole.